mi piace chiamarti per nome perché
anche se abbiamo avuto poco tempo per “frequentarci”, tanto è bastato a farmi
capire quanto sei speciale. In verità, che non eri un’isola come tante l’avevo
capito da subito. Da quando ti ho visto sulla cartina geografica e ho notato
subito la tua “piccolezza”. Dentro quei 3,05 km² di superficie dovevi per
forza nascondere un’anima grande, la tua. Quella di chi si tiene stretto quel
poco che ha e non accetta contaminazioni e interferenze. Batz é così, senza vie
di mezzo, non fa niente per essere più bella se non mostrarsi esattamente per
come è. O la si ama o la si odia. O detesti quella sua immobilità, chiusa in un
silenzio spettrale rotto solo dagli schiamazzi dei gabbiani, o ti innamori
perdutamente di quel modo tutto suo di “buttarti addosso” quel concentrato di
natura che per quanto è bello fa male al cuore.
Quando passi da una spiaggia
all’altra sfruttando il gioco delle maree, e ti ritrovi come per magia in altri
mondi che al tramonto spariscono sommersi dalle acque. Come quando mi hai
guidata in quella baia popolata solo da gabbiani; passeggiando a piedi nudi tra
scogli, alghe e conchiglie e trasformando il dolore di quegli aculei in stupore
di felicità quando mi hai accolta in quello spazio sconfinato di sabbia bianca,
acqua cristallina che ti solletica i polpacci e l’oceano sempre attento che ti
guada da lontano mentre nuoti in quella laguna incantata.
Grazie Batz, per tutte le emozioni
che mi hai regalato in soli due giorni. Grazie per l’abbraccio forte del tuo sole e
per le scottature che ancora me lo ricordano, grazie per il vento che ti
accarezza il viso scompigliandoti i capelli al ritmo delle onde, grazie per
quei lunghi silenzi pieni di rumori veri, di suoni autentici. Grazie per i
panorami sulle scogliere, per le cadute, per i graffi sul ginocchio. Grazie per
il tuo mare, per quello bianco e cristallino delle tue baie e per quello blu e
irruento dell’oceano.